Vasily Alekseyev – Clean and Jerk 534.5 lb
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[Tweet “Se lo vedi nella mente e pensi che è vero, è facile farlo accadere nella vita reale. – Arnold Schwarzenegger”]
Per quanto forte sia il corpo, è dalla mente che arriva la vera forza. Perché la mente è un po’ come quello che chiamiamo “il cuore”, la passione: non conosce limiti, o se li conosce, è capace di operare un salto spesso (apparentemente) irrazionale e vedere oltre. Andare al di là.
Vi è mai capito di infrangere un limite, raggiungere un piccolo record personale e sentirvi forti e pieni di ottimismo per averlo fatto? Capire che non c’era motivo, anzi stupirvi quasi di essere rimasti per tanto tempo dall’altra parte della staccionata quando il salto era possibile e vi faceva entrare in un posto, in una zona, dalle mille nuove potenzialità?
In questa stagione agonistica, essere arrivata a fare 6-8 ripetizioni di distensioni per i deltoidi con i manubri da 22 kg mi ha confermato che il mio muscolo più importante, la testa, segue i miei sogni. In questo senso, la sensazione è d’inarrestabilità.
Spesso è come trovarsi a correre fuori da una prigione senza pareti, eppure finché “ci stavamo dentro” pensavamo che le mura fossero insormontabili e la porta impossibile da aprire. Era tanto facile invece: la serratura si apriva con la forza della mente, quella di non limitarsi da soli, quella di sognare ciò che non è mai ancora successo ma, se lo sogni, può succedere.
[Tweet ” Sogna ciò che non è mai ancora successo: se lo sogni, puoi farlo succedere.”]
Mi piace battezzare questa cosa come “approccio Alekseyev”. Un po’ perché tira aria di famiglia, con un pesista. Ovviamente questo pesista russo, la “montagna umana”, non è stato l’unico atleta che ha saputo prima con la testa e poi con i fatti del suo corpo rompere una prigione che non esisteva e superare un limite invisibile che bloccava lui, insieme a tutta la comunità di pesisti. Vasilt Alekseyev, russo, fu il primo a fare il clean and press con più di 500 libre (227 kg). Era il 1970 e si trovava a Columbus, in Ohio. Nessuno aveva usato quel carico, nemmeno per le distensioni su panca. Lui non si fece intimidire. Imbattuto sia ai Mondiali che agli Europei, riconosciuto come “miglior sportivo del XX secolo”, è il primo uomo a sollevare complessivamente più di 600 kg. Ha infranto 80 record mondiali (senza avere allenatori, oppure avendoli ma seguendo parzialmente le loro indicazioni: “Cosa devono insegnarmi? Hanno stabilito 80 record mondiali loro?”).
Gli USA lo hanno sempre acclamato, ma il complimento più bello fu dire che con Alekseyev (1970) i Russi avevano risposto all’impresa spaziale della Luna (1969). Erano gli anni della Guerra Fredda tra le due superpotenze e riconoscere che erano state superate barriere come viaggiare nello spazio e sollevare oltre 500 libbre per un uomo… beh, se non sono limiti infranti questi, quali altri possono essere?
Quali sono le caratteristiche dell’approccio Alekseyev?
- VISUALIZZARE ciò che si vuole realizzare. Vedere le cose dove gli altri non le vedono e non le credono. Questo vale anche per chi dice di “avere trovato per caso” una capacità o un’abilità: le cose si trovano solo se sono cercate, consciamente o inconsciamente.
- DECIDERE di portare a termine l’impresa PRIMA nella propria mente.
- IMPEGNARSI E ALLENARSI PER REALIZZARLA con coraggio e tenacia.
- Non temere la propria originalità e spesso NON SOFFRIRE PER LA SOLITUDINE NELLA PROPRIA IMPRESA. È difficile essere seguiti in terreni inesplorati, in giungle pericolose o in deserti dove la maggioranza (inizialmente e prima che voi non lo segnaliate) è incapace di vedere qualcosa di interessante da scoprire. Solo dopo l’esplorazione con successo, dopo che il sentiero è stato ricavato tra le fitte fronde della giungle e il tesoro del deserto è stato segnalato, solo allora si aggiungono gli altri. È stata tracciata la strada e la possono seguire, spesso allargandola, migliorandola, asfaltandola.
[Tweet “Approccio Alekseyev: visualizzare, decidere, impegnarsi e allenarsi. Essere originali anche se soli.”]
Dopo Vasily altri ci riuscirono, tra cui l’americano Ken Patera. Perché? Perché la prigione era stata aperta e si era visto che “si poteva”. E si poteva perché qualcuno, uno, ci aveva creduto di potere.