Gli occhiali del giudice. Criteri di giudizio nella cultura fisica.

di Rossella Pruneti
 

Articolo pubblicato su Cultura Fisica & Fitness, Anno XLI, NN. 340-341, 1998.
NB L'articolo può non essere più aggiornato in riferimento ai regolamenti.

*Il giudice che ha fornito il rispettivo punto di vista e le informazioni è il sig. Augusto Priami, Giudice Federale IFBB al tempo della stesura dell’articolo..
 

Criteri di giudizio nella cultura fisica. Tali e tante nozioni per sviluppare una corretta autovalutazione… attraverso un’esperienza insostituibile: vedere una gara attraverso gli occhi di un giudice!

 
AVVERTENZA PER GLI AGONISTI: nonostante quello che la vostra esperienza vi abbia potuto portare a credere, non c’è niente di complicato o di sadico dietro ai giudici!
oldgirl
FIG. 1
Guardate la figura 1. Cosa ci vedete? Una vecchia o una giovane? Il disegno è uno, ma ci sono persone che vi scorgono una giovane e persone per cui si tratta solo di una vecchia.
Adesso osservate la figura 2.
dumbbells
FIG. 2
Cosa è? Se conoscete la disciplina non avrete difficoltà a riconoscervi un manubrio, ma qualcuno che è esterno alla cultura fisica non saprebbe definire cosa è. Prendete lo strano animale della figura 3 , un’antilope.
giudice_fig
FIG. 3
Se la vedete all’interno della figura 4 e non avete mai visto antilopi, ma aveste visto sempre uccelli, potreste essere portati a pensare che sia un uccello (non bello come gli altri con lui).
occhiali_4
FIG. 4
Nel contesto della figura 5 vi apparirebbe indubitabilmente un’antilope.
occhiali_5
FIG. 5
La visione, su cui è integralmente basata l’attività del giudice di body building, non si spiega solo sulla base dei dati sensoriali “nudi e crudi”.
Vediamo in base a come interpretiamo, vediamo sempre sullo sfondo, magari in contrasto ad un contesto o grazie a conoscenze anteriori.
Pensateci: non accade forse lo stesso quando un giudice vi osserva sul palco di gara? E la vostra descrizione della vostra forma di gara, sarà mai onestamente uguale a quella che ne può dare un giudice? Ancora, queste molteplici versioni di un unica forma fisica possiede un comune sistema di coordinate nel quale inserirsi, un linguaggio nel quale tradurle e quindi confrontarle?
Poniamo per assurdo che esista una tale possibilità.
Poniamo che un atleta possa assistere ad una gara e per mezzo di magici occhiali, diciamo degli occhiali con “lenti invertenti”, la veda non da atleta ma da giudice:

“[…] colui che inforca gli occhiali con lenti invertenti […] sebbene abbia di fronte a sé lo stesso insieme di oggetti di prima e sia cosciente di ciò, egli li trova nondimeno completamente trasformati in parecchi dettagli.”

(Thomas Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, 1969, Einaudi, Torino)
Cominciamo dal pregara.
Il nostro atleta aveva sempre pensato che l’importante fosse finire la ricarica per la sera. Per lui è quella la parte più importante: la sera vengono tutti gli amici della palestra e si fa la routine di pose libere. Invece, caspita!, con gli occhiali si accorge che il pregara è importante, anzi è lì che grossomodo si decide la classifica. La sera possono cambiare di una o due posizioni ma se al pregara si è stati messi sesti è altamente improbabile arrivare primi la sera (ma anche secondi). Certo questo dipende anche dalle varie federazioni: informarsi e comportarsi di conseguenza. Ma cosa accade sul palco del pregara? Sono iniziati i confronti e vengono ripetutamente chiamati il 23 e il 31. Sì, sono proprio loro i migliori ma bisogna decidere attentamente chi tra i due è il primo. Ma ecco che il 23 si innervosisce! Al quinto confronto non ce la fa più, è sudato e spompato e fa un cenno poco gentile verso i giudici. Con gli occhiali il nostro si accorge che il 23 si sta comportando da vero maleducato: l’enorme mole di confronti non era intesa che a garantirgli un equo giudizio, non certo a farlo allenare isometricamente sul palco (che si allena i giudici lo sanno…). Che differenza invece il 31! Ha davvero la stoffa del campione: è sempre pronto a posare anche al quinto confronto, ecco lì l’ennesimo doppio bicipite bello e sicuro. Se i giudici avessero dei dubbi, l’ennesima posa sbattuta in tutta potenza marcherà loro in mente che quello si merita davvero il titolo.
Gli altri atleti come stanno? Chi sarà il terzo, il quarto e così via? Il nostro attraverso le sue lenti magiche scorge uno spettacolo pietoso: una decina di atleti che, sebbene non sia stato loro richiesto un confronto, ciondolano sullo sfondo. Ci sono atleti che chiaccherano, qualcuno beve, altri vanno a farsi una giratina nel retropalco, quasi tutti decontraggono i quadricipiti per riposarsi ( …ma riposatevi dopo, per favore!) “Dannazione!” esclama il nostro atleta pensando di non essersi mai accorto di quanto sia ridicolo agli occhi di chi sta a vedere. Tutti i crampetti del mondo e qualsiasi tediosissimo pregara non giustificano certo uno spettacolo così pietoso. Eh sì, continua a riflettere il nostro, in palestra mi vedo allo specchio ma sul palco non hai specchio. Magari c’è l’allenatore o l’amico che ti strilla “le gambe, l’addome, più avanti che ti coprono, più indietro alla luce…” ma oltre a trasformare la gara in una moscacieca fanno due orecchi grossi così alla giuria. Bisogna saper posare senza potersi vedere, molti posano solo davanti allo specchio e in gara non hanno la necessaria consapevolezza della posizione e dell’atteggiamento del proprio corpo. La categoria è sul palco da 20 minuti e già il capogiuria reclama dai singoli giudici i foglietti con le votazioni. Il nostro non si era mai accorto come passa veloce il tempo dall’altra parte della barricata. Sopra qualche minuto sembra un’eternità, sotto non basta mai: c’è sempre quel paio di bicipiti che vorresti rivedere o quell’atleta che prima di escludere vorresti confrontare con il sesto. Ma guarda, pensa il nostro, i confronti lunghi non sono per sadismo dei giudici ma per giustizia verso gli atleti! Il giudice deve decidere in pochi minuti, allora il nostro si annota mentalmente: “Farsi notare subito (e questo è un imperativo nei lineup di 25 persone) non rimanere chiuso tra l’atleta prima e quello dopo pensando che ci sarà tempo in seguito.” Già a questo punto gli occhiali “magici” hanno migliorato di moltissime diottrie le capacità visive del nostro atleta. Anzitutto ha scoperto un principio di cui, chiuso nel proprio orizzonte visivo, non aveva mai avuto sentore: “L’osservazione è carica di teoria”, il cui corollario, la caduta del dogma della “immacolata osservazione”, ha conseguenze catastrofiche su una gara di body building. Non si vede senza un criterio, un filtro, un occhiale attraverso il quale “vedere”. Allora…
 

CHI SONO, COSA E COME OSSERVANO I GIUDICI?

CHI È IL GIUDICE

Il giudice è un atleta, un ex atleta, un appassionato della disciplina praticante o ex praticante. Nella IFBB gli aspiranti giudici devono seguire un corso teoricotecnico e vengono sottoposti ad un esame (nella parte pratica agli aspiranti viene fatta giudicare una gara e quindi si confronta il loro lavoro con quello dei giudici) ed attentamente selezionati anche in base al loro comportamento (non devono aver conseguito condanne per reati comuni); pagano una regolare quota di affiliazione (fissata per l’anno 1998 in lire 50.000, qualcosa in più rispetto agli atleti); le loro trasferte sono parzialmente rimborsate (biglietto ferroviario di I classe dal luogo di residenza alla sede della gara, albergo per la sera della gara, piccola diaria giornaliera) dall’organizzatore della gara. Nelle gare di livello regionale ed interregionale i giudici sono quattro più il capogiuria o segretario (che ha solo funzione di coordinamento, non dà valutazioni); nei Grand Prix e nelle gare di livello superiore i giudici salgono a sette; e sette sono anche nelle gare internazionali.

I CRITERI DI GIUDIZIO NELLA CULTURA FISICA IFBB

Il metodo di giudizio della somma dei punteggi venne abbandonato nel 1982 al Congresso tenutosi in Belgio.
Ogni giudice assegnava per ogni fase un punteggio parziale da 0 a 20 a ciascun concorrente. Per ogni atleta, tolto il voto minimo e il voto massimo, veniva fatto il totale dei voti restanti e passavano alla fase di gara successiva i cinque con i totali più bassi. Alla fine, nel posedown, veniva aggiunta l’ultima valutazione che decideva il vincitore. Per esempio, in una gara internazionale con sette giudici un atleta poteva totalizzare al massimo 100 punti per ogni fase (se, tolti i due punteggi estremi, più alto e più basso, prendeva 5 volte 20 aveva un totale di 100); sommando le tre fasi di giudizio faceva 300 e se al posedown veniva classificato primo da tutti i giudici vinceva con il massimo possibile: 307! (Una curiosità: quel punteggio massimo venne raggiunto per la prima volta dal professionista Boyer Coe alla World Cup 1981.)
Appunto nel 1982 venne adottato il sistema di valutazione basato sulla posizione di classifica. Ogni giudice, senza parlare o guardare gli altri, stila la propria classifica nel pregara (indica il I, il II e così via fino all’ultimo posto) per ciascuna delle tre fasi di valutazione (pose semirilassate, pose obbligatorie e routine di pose libere). Il capogiuria riporterà le classifiche dei singoli giudici su un unico foglio calcolando i totali per ogni atleta e per ogni fase, eliminando la votazione migliore e la peggiore (al fine di evitare favoritismi). Passeranno alla fase successiva della gara i primi dieci atleti con il punteggio più basso (che significa che sono stati piazzati in posizioni alte, le quali, se l’aritmetica non è un opinione, si indicano con numeri interi piccoli: 1°, 2°, 3°, … ). Nel briefing tra il pregara e la gara i giudici parlano tra loro in modo da ribadire la linea di giudizio federale e accordare i criteri nella loro applicazione in quella particolare gara. La sera ogni giudice, al proprio tavolino e senza guardare gli altri, stila di nuovo la classifica ancora per ogni fase di valutazione (alle medesime del pregara si aggiunge nella finale il posedown riservato però a quei primi sei atleti che hanno ottenuto il totale più basso nelle valutazioni delle tre fasi serali precedenti). Alla fine, dopo il posedown, risulta vincitore il concorrente che ha il totale più basso (ad esempio, se i quattro giudici danno al numero 31 le seguenti posizioni: 1, 2, 1, 1, (totale 5) quest’atleta vincerà sul 23, che ha riportato: 2,3,3,2 (totale 10). Nel giudizio del posedown i giudici scrivono semplicemente la classifica finale tra quei sei (ecco perché fanno così alla svelta e il posedown prosegue tanto per il divertimento del pubblico!), anche questa classifica viene “elaborata” con la somma dei totali ed è campione chi ha totalizzato di meno (al meglio chi ha 4: cioè quattro primi posti!). Quest’ultimo metodo di valutazione è stato scelto e si è dimostrato idoneo per garantire la vittoria dell’atleta più meritevole e stilare per gli altri una classifica equa, mentre i criteri possono variare.
Nel report di un campionato regionale su questa stessa rivista scrissi che gli americani hanno un adagio, il quale, in sostanza afferma che l’unica cosa che si sa per certo dei giudici in una gara di body building è dove si siederanno. Prima di fraintendermi e di gridare allo scandalo, dovete comprendere che i giudici si siedono a giudicare una gara di body building dovendosi dimenticare che esiste Dorian Yates o Kim Chizevsky. I giudici devono stilare una classifica tra chi è sul palco in quel momento e non pensare al loro beniamino o al modello ideale di campione. Molti anni fa ad una gara cinofila la mia indimenticabile Zara, una simpatica boxer di due anni, si trovò ad essere l’unica femmina della sua razza in quella classe d’età. Ebbene, il giudice cinofilo non le assegnò il primo posto (che le sarebbe andato automaticamente, essendo sola, come si fa anche nel body building!) giustificandosi che in confronto allo standard della razza ella era solo un esemplare “molto buono” ma non “eccellente”! Vi immaginate un giudice di body building che vi rimanda tutti a casa perché in confronto alle foto che ha visto di Dorian Yates siete tutti undicesimi!! Va da sé che se la categoria è composta da atleti lisci, ordineranno secondo il criterio del meno liscio (anche se il primo sarà sempre un liscione!); se da sei donne con muscolatura hard e due soft (o viceversa), stileranno la classifica tra le hard (o viceversa). Insomma c’è del vero nell’affermazione che i criteri di giudizio sono dettati dal livello degli atleti che gareggiano quel giorno, e che finché non li hanno visti i giudici sanno di certo solo dove si metteranno a sedere.
 

ATTENZIONE, NON È VERO CHE…

  • Si possa perdere per solo mezzo punto. Non esistono i “mezzi punti” di scarto con cui si consolano tanti atleti delusi, semplicemente perché i giudici assegnano una posizione (primo, secondo, terzo e così via) non danno un voto (7/8, 8½, 7+, 6)!
  • Si sia ex equo con un avversario. Ai giudici non è permesso assegnare pari merito (ossia dare la medesima posizione a due o più atleti) ma possono dare posizioni diverse al medesimo atleta a seconda della fase di giudizio e della fase di gara (se merita di più per la simmetria ma meno per lo sviluppo muscolare, se è meglio al pregara o peggio la sera, …) Questo rende più giusta la classifica perché un atleta deve “piazzarsi alto” in un po’ tutte le fasi di giudizio e in entrambe le fasi della gara per arrivare bene nella classifica finale (si evita così che uno vinca solo per la simmetria, o solo per il volume, o solo per la presenza sul palco, …).
  • Ogni giudice faccia di testa propria. Anche se i giudici, come privati cittadini e come atleti, non ragionano tutti allo stesso modo (ed è normale che qualcuno dia un pochino più di importanza al tiraggio piuttosto che alla massa o viceversa, o che per esempio abbiano posizioni diverse su temi ancora roventi e controversi come quello del body building femminile…) alla fine tutti i membri della giuria lavorano in armonia e concordano unanimemente sulle classifiche perché devono rappresentare le decisioni federali e non se stessi. Annualmente i giudici partecipano a uno o due congressi per essere informati sulle direttive federali e viene loro insegnato ad apprezzare queste qualità (senza che l’una prevalga sulle altre): in un atleta uomo massa muscolare (o volume), proporzione, simmetria, muscolarità ( definizione) e abilità di posa; in un’atleta donna.
  • I giudici portano in gara propri atleti e li favoriscono. In base allo statuto IFBB la qualifica di Giudice è incompatibile con quella di Istruttore/Allenatore. Inoltre non possono entrare a fare parte delle giurie l’organizzatore o gli organizzatori della gara e i capipalestra con atleti in gara.

GLI ESPEDIENTI PER ATTIRARE L’ATTENZIONE DEI GIUDICI

Praticati da molti atleti, predicati da alcuni preparatori… pensiamo che siano giusti per essere richiamati dal capo pedana e, di conseguenza, essere notati dai giudici (salire in ritardo sul palco, andare a bere, mettersi il numero capovolto, fare la posa dal lato sbagliato…). Ma sentite che vi dice il nostro giudice: “Sì, e se proprio perché ve ne andate a bere o non siete pronti a posare io non mi accorgo di voi?” Caspita, è vero! Quindi: essere sempre pronti e svegli sul palco. Lasciate quei goffi espedienti a chi si trasforma in un istrione per mimetizzare un basso livello di forma, un eccesso di grasso o un’inqualificabile maleducazione verso gli altri atleti (sì, va bene, “avversari”). L’attenzione va attirata in ben altro modo, intendi con il carisma …ma il carisma, come il coraggio per Don Abbondio, se uno non ce l’ha non se lo può dare!
 

MA PERCHÉ LUPI CATTIVI?

Chi ha detto che tra atleti e giudici non ci debba essere un normale rapporto? Dopo la gara o anche prima, nei limiti del condizionamento ed evitando ogni forma di corruzione, l’atleta può avvicinarsi, con pacatezza ed educazione, ad un giudice e chiedere consigli sul proprio stato di forma o sugli eventuali punti deboli da correggere. Ci ha detto il nostro giudice: “Voi atleti andate a farvi vedere da questo o da quello, cercate giudizi e conferme da chiunque e non pensate di venire da noi giudici, dimenticandovi che in fondo siamo noi, non il vostro preparatore o i vostri amici di palestra,… a decidere la classifica di gara!”
Alla fine deve vincere chi ha lavorato sodo in palestra non i “piacioni” (e questo vale soprattutto per il body building femminile), anche se è vero che è in questo sport (in cui la componente estetica non è affatto trascurabile) chi nasce baciato dalla genetica è indubbiamente avvantaggiato. Ma come fanno i giudici a vedere chi ha lavorato sodo in palestra? Gli occhiali dei giudici hanno un limite: non vedono nel passato. Loro non sanno chi fa 200 kg di squat. Loro vedono chi è grosso, definito e sa presentarsi bene quel giorno su quel palco. Eh sì, aveva ragione quel commerciante quando diceva che chi non mostra non vende! … o era un giudice?!
 

LE TRE COMPONENTI PER LA VITTORIA IN GARA:

  • Avere un ottimo fisico.
  • Saper posare bene conoscendo i regolamenti e i criteri di giudizio.
  • Presentarsi bene con un buon aspetto ed un comportamento sportivo.