”Sei più di quello che gli altri vedono”.
Una frase che stigmatizza noi bodybuilder, etichettati dall’aspetto. Gli altri, spesso e volentieri, non lo sanno che sotto i nostri muscoli c’è (molto) altro: mestieri, passioni, interessi diversi.
Eppure la questione più difficile è: noi lo sappiamo?
Quanto l’essere bodybuilder ci limita invece che spingerci avanti, quanto dentro la nostra testa costruiamo la nostra vita con l’immagine riflessa dai discorsi e dagli sguardi degli altri, piuttosto che dalla nostra stessa, vera, percezione?
Ci piace e ci torna comodo essere “quello che gli altri vedono”. Come quell’uomo del romanzo che iniziò il bodybuilding per avere un aspetto che incutesse timore e potere continuare ad essere, in fondo in fondo, un codardo. Sul grande palcoscenico della vita, spesso mettiamo in atto giochi di “specchi e fumi”, recitiamo parti e siamo catturati da ruoli che ci hanno assegnato. Forse vale la pena fermarsi a pensare se non c’è anche qualche altro ruolo da impersonare, qualche altro film da vedere, qualche altro libro da leggere.